Se quando mettete i CD in macchina dovete sempre giustificare (vanamente) le vostre scelte con frasi del tipo "la musica jazz e' difficile ma quando impari ad apprezzarla...", "l' Italia e' famosa nel mondo per la sua musica classica", "riscopriamo le nostre radici", "la world-music va capita perche' e' diversa dalla nostra" allora Daniele Sepe e' l' artista per voi! Finalmente  ci sono delle buone possibilita' che, durante l' ascolto di un vostro CD, nessuno proponga il cambio coll' ultimo di Vasco (e intanto voi ci fate la vostra figura da intellettuale!).

Questo miracolo e' probabilmente merito del fatto che Daniele Sepe ha una carriera talmenta poliedrica (sinonimo di incasinata) che, pur avendo delle basi tecniche coi *****-******** (vd. diploma al Conservatorio, studi jazz etc.) ha frequentato praticamente praticamente tutti i generi musicali, dal lavoro di turnista per artisti-pop come Gino Paoli o Nino D' Angelo a partecipazioni ai gruppi new-wave napoletani (tra gli altri i Bisca), alternate a mappazze notevoli quali la 2° suite di Bach all' auditorium RAI di Napoli, musica barocca con "La Cappella della Pietà dei Turchini" o ancora musica contemporanea con Luciano Cilio. L' opera piu' importante di qui primi anni pero' e' la partecipazione ad un album, che possiamo definire storico, "Tammuriata dell' Alfa Sud" inciso per i "Dischi Del Sole" (etichetta di riferimento dellla musica popolare degli anni '70) nel 1976 da e Zezi Gruppo Operaio di Pomigliano d' Arco, ancora al lavoro e di cui vi segnaliamo (per la facilita' di reperimento presso il Manifesto) il live del 1996

Tutto questo lavoro va avanti fino alla fine degli anni '80 quando finalmente riesce a raccogliere i soldi necessari per il primo disco a suo nome: "Malamusica" in cui peraltro da' la sua interpretazione della "Tammuriata nera" su cui si era esercitato 15 anni prima. E' un disco soprattutto strumentale (alternato a testi in napoletano, francese ecc.) in cui, come si evince dalla copertina lo spirito zappiano si miscela ad uno humour parte-nopeo e parte-napoletano; ma non e' un disco "da ridere": ci sono pezzi jazz con citazioni dei Weather Report, pezzi filo-latineggianti, addirittura ska: insomma tutto quello che fa gridare la critica al miracolo (senza influire sulle vendite...)

Lo stesso si puo' dire dei 2 successivi dischi "L' uscita dei gladiatori" (eravamo in piena era cossighiana) e "Play standards and more" incisi con l' Art Ensemble of Soccavo che ne definiscono lo stile assolutamente senza confini ma non escono al di fuori della ristretta area degli "esperti".

Impresa che riesce, per fortuna, ai dischi successivi, grazie anche all' intervento di una nuova etichetta: la "Polo Sud"

 

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